Sviluppo Sostenibile: a che punto è l’Italia con l’Agenda 2030?

Gli italiani mostrano una sempre maggiore consapevolezza e attenzione alla sostenibilità, ma i dati Ipsos pubblicati nel Rapporto ASviS 2023 registrano anche un crescente scetticismo riguardo all’effettiva volontà di costruire un mondo più sostenibile. Tanto che in cinque anni gli ‘scettici’ sono passati dal 13% al 22%.
Il 19% della popolazione pensa comunque che tutti i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) dovrebbero avere pari dignità, mentre l’81% identifica alcune priorità, in parte legate alla specificità del momento.

Ad esempio, la lotta alla povertà (Goal 1) si colloca a metà della classifica (8° posto) tra le priorità percepite all’interno degli Obiettivi: il 17% degli intervistati la indica tra le più rilevanti e il 5% la pone al primo posto. Anche l’obiettivo di sconfiggere la fame (Goal 2, 6°) sarebbe al primo posto per il 5% degli intervistati.

Priorità assoluta al cambiamento climatico 

Sul podio della classifica delle priorità salgano il Goal 3 (Salute e benessere, 3°), l’Obiettivo 8, relativo a lavoro dignitoso e crescita economica (2°), ma al 1° posto si posiziona il Goal 13, la lotta contro il cambiamento climatico, considerato l’obiettivo di sviluppo sostenibile più importante.

Il 28% della popolazione lo ritiene di massima urgenza, ed è una delle principali preoccupazioni avvertite sia a livello globale sia in Italia.
Ai piani alti della classifica, coerentemente con l’assoluta necessità di combattere il cambiamento climatico, si posizionano anche il Goal 15 (Vita sulla terra, 4°), seguito dal Goal 7, focalizzato su energia pulita e accessibile (5°).

Lotta alle disparità di genere: solo al 12° posto 

Quanto agli altri 17 SDGs se l’offerta di un’istruzione di qualità, equa e inclusiva (Goal 4), si colloca nella seconda metà della classifica (10°), la lotta alle disparità di genere (Goal 5) conquista solo il 12° posto.
Più rilevante sono considerati il sesto Obiettivo (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari), al 7° posto, e il Goal 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide), al 9°, con il 15% che lo indica tra gli obiettivi più importanti.

A sorpresa, la riduzione delle disuguaglianze (Goal 10) all’interno e fra i Paesi in Italia non è considerata una priorità.
Relegata all’11° posto della classifica dei 17 SDGs, è considerata una priorità solo per il 13% di coloro che sono a conoscenza dell’Agenda 2030.

Città, mari e innovazione sono meno prioritari

Nonostante sia indubbio che le città giocheranno un ruolo cruciale per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, il Goal 11 (Città e comunità sostenibili, è solo al 13° posto, seguito dal Goal 12 (Consumo e produzione responsabile, 14°), e dal Goal 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture, 15°).

Il proposito di conservare e utilizzare in modo sostenibile le risorse del mare occupa la penultima posizione della classifica (Goal 14, Vita sott’acqua), mentre la costruzione di partnership (Goal 17, Partnership per gli obiettivi) è l’ultima delle priorità percepite: solo il 3% della popolazione la indica tra gli Obiettivi più rilevanti.

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Qual è il benefit aziendale più gettonato per Natale? 

Il 2023 è stato un anno chiave per il tema del welfare aziendale. Ora il 40% dei datori di lavoro crede che i benefici offerti possano influenzare positivamente la fedeltà e le produttività dei dipendenti. Uno studio condotto da Forbes Advisor ha evidenziato che molte persone sarebbero disposte a cambiare lavoro pur di godere di un migliore sistema di welfare.
Questa crescente attenzione ha trovato riscontro anche nei regali natalizi, divenuti strumenti essenziali per dimostrare apprezzamento nei confronti dei dipendenti.

Il regalo migliore? Tra vacanza e sostenibilità

Secondo una ricerca dell’Osservatorio Tantosvago, l’86% dei lavoratori apprezza particolarmente la possibilità di utilizzare i benefit aziendali per acquistare regali natalizi. In questa ottica, i viaggi si confermano il dono più gradito, diventando un modo tangibile per dimostrare il riconoscimento dei datori di lavoro nei confronti dei propri dipendenti.
La preferenza per regali sostenibili, come la piantumazione di alberi per compensare le emissioni di carbonio, evidenzia la crescente attenzione verso pratiche socialmente consapevoli.

Il welfare aziendale che fa la differenza

L’uso dei crediti welfare per regali legati al tempo libero ha registrato un significativo aumento, come dimostrano i dati dell’Osservatorio. In Italia, questa tendenza ha faticato ad affermarsi, ma negli ultimi anni ha conquistato sempre più terreno.
Il welfare aziendale consente ai dipendenti di regalarsi esperienze altrimenti inaccessibili, diventando un elemento distintivo per attrarre e trattenere i talenti.

Top 5 dei doni natalizi preferiti  

In base ai dati raccolti, al primo posto della classifica dei regali più desiderati si collocano i Viaggi, che totalizzano il 60% delle preferenze. I dipendenti manifestano così la loro predilezione per esperienze indimenticabili. Al secondo posto, ma a distanza, ci sono Gift card e buoni (18,5%).
Si tratta di opzioni flessibili che permettono ai lavoratori di scegliere i propri regali in base alle esigenze personali.Al terzo posto ecco il Gowelfare con negozi di prossimità (3,65%): un modo per sostenere la comunità locale, collegando il welfare aziendale ai negozi del territorio. Al quarto posto i Parchi (2,95%): la possibilità di trascorrere momenti di relax immersi nella natura è un regalo sempre apprezzato. In quinta posizione, ci sono le Agenzie di viaggio (1,41%): piace dare ai propri dipendenti la possibilità di esplorare nuovi luoghi.
In conclusione, il legame tra welfare aziendale e regali natalizi si conferma un elemento cruciale nella soddisfazione dei dipendenti, contribuendo a creare un ambiente lavorativo apprezzato e stimolante.

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I trend del 2024 nel nuovo Pinterest Predicts

Moda, bellezza, benessere, cibo, arredamento, viaggi… il Pinterest Predicts 2024 svela i trend del nuovo anno, utilizzando un modello basato sul machine learning che analizza miliardi di ricerche online effettuate da oltre 480 milioni di persone in tutto il mondo.

Qualche esempio? Il settore della moda farà spazio allo stile vintage dei nonni, ma con un tocco eclettico da parte di GenZ e Boomer che combineranno cardigan old style e pantaloni in velluto,
Altra novità assoluta è il Medusa style, la più grande fonte d’ispirazione nel 2024. È già boom di ricerche per ‘cappello medusa’, ‘taglio capelli a medusa’ e ‘lampada medusa’.

Fiocchi all-over a ritmo di jazz

GenZ e Millennials adorneranno abiti, scarpe, make-up, acconciature e gioielli con fiocchi di ogni dimensione e formato. Ma ornamenti e accessori saranno anche più grandi, audaci e vistosi. Si preferirà l’opulenza oversize, acquistando elementi che si abbinano ad acconciature vaporose.

Continuerà a crescere anche la popolarità di toni freddi argentei e sfumature cromatiche audaci: dal beauty alla moda fino al design l’estetica sarà heavy metal. 
Nel corso del 2024 conquisterà sempre più appassionati anche il gioco del volano e il jazz. Millennial e GenZ abbandoneranno i ritmi elettronici a favore di atmosfere decisamente più retrò. 

Bodycare, Beauty in blu e karate kumite

Con l’aumento delle ricerche a tema palme, cocco e tropical, le suggestioni esotiche nel 2024coinvolgeranno ogni ambito, dalla moda all’arredamento degli interni fino a drink e snack.
E se direttamente dagli anni ‘60 torna il make-up color acquamarina, con il blu protagonista in tutte le sue sfumature, nel 2024 la cura del viso si sposterà a tutto il corpo: bodycare sarà la parola dell’anno per quanto riguarda la bellezza e il benessere.

Quanto alla forma fisica, stop alla predilezione per il workout a bassa intensità: nel 2024 Millennials e GenZ si dedicheranno agli sport da combattimento. Sono infatti in aumento ricerche come ‘allenamento shadowboxing’, ‘jujitsu’ e ‘karate kumite’.
Nel 2024 però si farà a gara per recuperare il recuperabile, e il relax più totale sarà il miglior compagno di viaggio.

Architettura acquatica e “festa per il primo dentino”

Continuerà poi il trend che combina i piatti preferiti in accoppiate stravaganti, da ‘quesadilla hamburger’ a ‘carbonara ramen’, con GenZ e Millennial che daranno un tocco più personale alla cucina e alla zona cottura. Basta con la tradizione contadina, largo al kitsch. O allo stile caffetteria.

Nel 2024 però GenX e Millennial diventeranno provetti ‘giardinieri subacquei’, dando vita ad acquari e terrari per tartarughe, mentre Boomer e GenZ salteranno a bordo di jeep e 4×4 per esplorare il mondo su sterrati di montagna. 
In ogni caso, si cercherà anche di rendere grazioso tutto ciò che ruota attorno al denaro, e i genitori non potranno fare a meno di celebrare i piccoli traguardi di figli e figlie, cercando ispirazioni per ‘idee mesiversario’, ‘premio uso del vasino’ o ‘festa per il primo dentino’.

Con l’AI la settimana lavorativa potrebbe accorciarsi a 4 giorni

Evitare la disoccupazione di massa, ridurre i disagi psicofisici legati al disequilibrio tra lavoro e vita privata, ma soprattutto, permettere a milioni di lavoratori di passare alla settimana lavorativa di quattro giorni entro il 2033.
È un obiettivo che potrebbe essere raggiunto introducendo modelli linguistici di grandi dimensioni, come ChatGPT, nei luoghi di lavoro.
È quanto sostiene il think tank Autonomy, che ha condotto uno studio 

In Gran Bretagna e negli Stati Uniti, e ha rilevato come gli incrementi di produttività previsti dall’introduzione dell’Intelligenza artificiale al lavoro potrebbero ridurre la settimana lavorativa da 40 a 32 ore per 28 milioni di lavoratori in Gran Bretagna, e per 35 milioni negli Stati Uniti.
Ovviamente, mantenendo le medesime retribuzioni e prestazioni. 

Non solo redditività o “apocalisse occupazionale”

“In genere gli studi sull’AI e sui grandi modelli linguistici si concentrano esclusivamente sulla redditività o ‘sull’apocalisse occupazionale’ – dichiara Will Stronge, direttore della ricerca -, questa analisi cerca di dimostrare che quando la tecnologia viene impiegata al massimo delle sue potenzialità e viene rivolta a uno scopo preciso, può non solo migliorare le pratiche lavorative, ma anche l’equilibrio tra lavoro e vita privata”. 

Di fatto, grazie all’introduzione degli LLM l’88% della forza lavoro della Gran Bretagna potrebbe veder ridotto il proprio orario di lavoro di almeno il 10%. Le autorità locali di City of London, Elmbridge e Wokingham sono tra quelle che secondo Autonomy presentano il potenziale più elevato per i lavoratori, con il 38% o più della forza lavoro in grado di ridurre il proprio orario nel prossimo decennio.

Ridurre il lavoro del 10% per 128 milioni di americani

Lo studio condotto negli Stati Uniti da Autonomy ha rilevato che 128 milioni di lavoratori, il 71% della forza lavoro, potrebbero ridurre il proprio orario di lavoro di almeno il 10%.
In Stati come Massachusetts, Utah e Washington è stato riscontrato che un quarto o più dei lavoratori potrebbe passare a una settimana di quattro giorni grazie alle LLM.

“La nostra forza lavoro sta subendo cambiamenti sostanziali dovuti all’AI e l’automazione. Pertanto, sarà necessaria un’azione governativa per garantire che i guadagni di efficienza siano percepiti da tutti i lavoratori, indipendentemente dal settore o dal livello di competenza”, spiega il deputato Mark Takano, che ha presentato al Congresso una proposta di legge sulla settimana lavorativa di 32 ore.

Un invito a responsabili politici, sindacati e industria

Lo studio di Autonomy ha lo scopo di suggerire ai datori di lavoro del settore pubblico e privato di sfruttare l’opportunità di diventare leader mondiali nell’adozione dell’AI per migliorare la vita di centinaia di milioni di lavoratori.

Il documento invita i responsabili politici ad agire in tale direzione, riporta AGI. “Penso che sarebbe davvero impressionante la costruzione di una solida strategia industriale basata sull’AI, con centri di automazione in cui sindacati, industria ed esperti di questa tecnologia si riuniscano per aumentare la produttività – sottolinea Stronge -; il che comporterebbe anche conseguenti miglioramenti per i lavoratori”. 

Voice deepfake: come fanno a ingannare gli utenti? 

Grazie all’Intelligenza artificiale, che ha combinato parti di una vecchia registrazione migliorandone la qualità audio, recentemente i Beatles hanno entusiasmato milioni di fan pubblicando una nuova canzone.
Inoltre, sempre di recente, Open AI ha presentato un modello di API Audio in grado di creare discorsi umani e messaggi vocali. Finora, è il software che si avvicina di più al vero linguaggio umano.

API Audio è in grado di riprodurre vocalmente il testo richiesto, consentendo agli utenti di scegliere fra una serie di opzioni vocali. Attualmente, non può essere utilizzato per creare voice deepfake, ma è indicativo del rapido sviluppo delle tecnologie di generazione vocale.
In futuro, questi modelli potrebbero diventare un nuovo strumento nelle mani dei criminali informatici. 

Un potenziale utilizzo nelle frodi estremamente elevato

Nonostante i deepfake e gli strumenti utilizzati per realizzarli non siano ancora ben sviluppati o diffusi, il loro potenziale utilizzo nelle frodi è estremamente elevato. E la tecnologia non smette di evolversi.
Oggi non esiste alcun dispositivo in grado di produrre voice deepfake di alta qualità, ovvero, che non sia distinguibile dal vero parlato umano.

Tuttavia, negli ultimi mesi sono stati rilasciati sempre più strumenti per generare la voce umana. Inoltre, se in precedenza gli utenti avevano bisogno di competenze almeno di programmazione di base, ora sta diventando più facile lavorare con questi strumenti
Insomma, a breve verranno sviluppati modelli che combineranno semplicità d’uso e qualità dei risultati.

Le tecnologie di protezione tardano a diffondersi

Le frodi che sfruttano l’Intelligenza artificiale per ora non sono frequenti, ma esistono già esempi di casi ‘riusciti’.
A metà ottobre del 2023, il venture capitalist americano Tim Draper ha avvertito i suoi follower su Twitter che i truffatori hanno usato la sua voce per alcune truffe.
In particolare, Tim Draper ha segnalato in un tweet che le richieste di denaro effettuate con la sua voce sono il risultato dell’Intelligenza artificiale.
Nonostante questo caso, finora però non si percepiscono i voice deepfake come una possibile minaccia informatica.
E poiché i casi in cui vengono utilizzati con intenzioni malevole sono pochissimi, le tecnologie di protezione tardano a diffondersi.

Come difendersi?

Per il momento, il modo migliore per proteggersi è ascoltare attentamente le parole dell’interlocutore al telefono. Se la qualità della registrazione è bassa, contiene rumori e la voce sembra robotica, non bisogna fidarsi delle informazioni ascoltate.
Un altro modo per testare ‘l’umanità’ dell’interlocutore è quello di porre domande insolite. Ad esempio, se l’interlocutore fosse un modello vocale, una domanda sul suo colore preferito lo lascerebbe perplesso, poiché non è quanto solitamente chiede la vittima di una frode. Il ritardo nella risposta renderà quindi chiaro che l’utente è stato ingannato.
Un’altra opzione è quella di installare una soluzione di sicurezza affidabile e completa. Sebbene non possa rilevare al 100% i voice deepfake, può aiutare gli utenti a evitare siti web sospetti, pagamenti e download di malware, proteggendo i browser e controllando tutti i file sul computer.

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Lo Smart Working cresce ancora, e nel 2023 coinvolge 3,6 milioni di italiani

Lo smart working si consolida e torna a crescere: nel 2023 i lavoratori italiani da remoto si assestano a 3,585 milioni, in crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, e ben il 541% in più rispetto al pre-Covid.
Dopo il picco della pandemia, e la graduale riduzione negli ultimi due anni, nel corso del 2023 i lavoratori da remoto sono aumentati particolarmente nelle grandi imprese, dove sono su due (1,88 milioni), e lievemente anche nelle Pmi (570mila), dove rappresentano il 10% della platea potenziale.

Sono invece diminuiti nelle micro imprese (620mila, 9% del totale) e nelle PA (515.000, 16%). nel nostro Paese. E a quanto emerge dall’ultimo Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2024 si stimano 3,65 milioni di smart worker.

Modelli strutturati nelle grandi imprese, informali nelle Pmi

Oggi il 96% delle grandi imprese applica iniziative di smart working, in larga parte con modelli strutturati, e il 20% è impegnato a estenderne l’applicazione anche a profili tecnici e operativi precedentemente esclusi.

Lo smart working è presente anche nel 56% delle Pmi, dove viene spesso applicato con modelli informali gestiti a livello di specifici team.
Viene poi adottato anche dal 61% degli enti pubblici, con iniziative strutturate presenti soprattutto nelle realtà di maggiori dimensioni.
Tutte le grandi imprese prevedono di mantenerlo anche in futuro, solo il 6% è incerto.
Al contrario, il 19% delle Pmi non sa come, o se, lo smart working verrà previsto in futuro.

L’impatto sul mercato immobiliare e la fuga dalle città

Grazie alla diminuzione degli spostamenti e il minor uso degli uffici lo smart working ha effetti importanti sull’ambiente, ma non solo.
Lo smart working ha effetti anche sul mercato immobiliare.

Il 14% di chi lavora da remoto ha cambiato casa o ha deciso di farlo, spesso scegliendo zone periferiche o piccole città alla ricerca di un diverso stile di vita, con un effetto di rilancio per diverse aree del paese.
Un cambiamento che ha generato iniziative di marketing territoriale e nuovi servizi, come nuove infrastrutture di connettività o spazi coworking. D’altronde, il 44% di chi lavora da remoto l’ha già fatto, almeno occasionalmente, da luoghi diversi da casa propria, come spazi di coworking, altre sedi dell’azienda o altri luoghi della città.

Se il capo è smart lo è anche il lavoro

Non sempre però il lavoro da remoto porta a modelli realmente ‘smart’. Sono solo i ‘veri’ smart worker, ossia quelli che oltre a lavorare da remoto hanno flessibilità di orari e operano per obiettivi, a presentare livelli di benessere ed engagement più alti dei lavoratori tradizionali in presenza.

Tuttavia, sono anche più frequentemente vittime di forme di tecnostress e overworking.
Un ruolo fondamentale è quello dei manager. I lavoratori con un capo realmente ‘smart’, che assegna obiettivi chiari, fornisce feedback frequenti e costruttivi, favorisce la crescita professionale e trasmette gli indirizzi strategici, presentano livelli di benessere e prestazioni migliori rispetto a quelli i cui capi non hanno queste caratteristiche.

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Il fascino del vintage: perché amiamo gli oggetti d’epoca

Quella del vintage è una passione sempre più diffusa e che si manifesta in diversi ambiti, dall’abbigliamento all’arredamento, dalla musica alla tecnologia.

Ma perché amiamo gli oggetti d’epoca? Cosa ci spinge a cercare oggetti di un’epoca ormai lontana e adoperarli al posto di ciò che il mercato è in grado di offrire oggi?

Per rispondere a questa domanda è necessario comprendere alcuni aspetti legati a  ciascuno di noi, e che spaziano da fattori emotivi ad esigenze estetiche.

Ne parliamo di seguito, analizzando i diversi fattori che contribuiscono a rendere il vintage più affascinante ed accattivante ai nostri occhi.

Unicità e originalità

Uno dei motivi per cui amiamo gli oggetti d’epoca è che questi sono unici e originali. Spesso non ne esistono altri uguali considerando che si tratta di prodotti artigianali e non industriali, e questo li rende particolarmente desiderabili.

Proprio la manualità e l’artigianalità degli oggetti d’epoca conferisce loro un carattere unico e inimitabile, il che è percepibile già al primo sguardo anche se non si è degli esperti.

Nostalgia e ricordi

Gli oggetti d’epoca possono evocare ricordi e nostalgia in tutti noi. Essi ci riportano ad un tempo passato, ad un’epoca che abbiamo vissuto o che abbiamo solo immaginato ma nella quale ci sarebbe piaciuto vivere.

Questi oggetti possono farci sentire nostalgici di un tempo in cui tutto era più semplice e genuino, ed in qualche modo ci aiutano a rivivere quei tempi andati.

Stile e personalità

Gli oggetti retrò possono conferire un tocco di stile e personalità alla nostra casa o al nostro look, in base alle preferenze. Possono aiutarci a creare un ambiente unico e originale, che rifletta la nostra personalità, o anche mostrare il nostro modo di intendere la vita.

Valore economico

Gli oggetti d’epoca possono anche essere un buon investimento a livello economico. Con il passare del tempo il loro valore può aumentare, il che li rende una forma di investimento interessante.

Ciò che oggi vale 10 infatti, domani potrebbe valere 100. In questo senso bisogna anche avere intuito e scegliere in maniera mirata cosa comprare.

Sostenibilità

Acquistare oggetti d’epoca è anche un modo per ridurre l’impatto ambientale. Gli oggetti d’epoca sono realizzati con materiali che sono già esistenti, dunque non è necessario produrre altra plastica o legno e questo contribuisce a ridurre anche la produzione di rifiuti.

La ricerca dell’unicità

Nel mondo moderno, dove tutto è sempre uguale e standardizzato, gli oggetti d’epoca rappresentano sicuramente una ricerca di unicità.

In un mondo in cui tutto è prodotto in serie infatti, gli oggetti d’epoca sono unici e irripetibili. Sono realizzati con materiali e tecniche artigianali, che conferiscono loro un carattere unico e inimitabile.

Per questo sono in molti a preferirle agli oggetti che ci arrivano direttamente dalla produzione industriale.

Alcuni esempi di articoli vintage

Ecco alcuni esempi di articoli vintage o prodotti in grado di creare quell’atmosfera retrò di cui sentiamo il bisogno.

  • Abbigliamento: abiti, gonne, pantaloni, camicie, giacche, scarpe, accessori.
  • Arredamento: mobili, lampade, quadri, complementi d’arredo, insegne vintage.
  • Tecnologia: radio, televisori, computer, videogiochi.
  • Giocattoli: bambole, peluche, giochi da tavolo, giocattoli meccanici.
  • Musica: dischi in vinile, cassette, strumenti musicali.
  • Altro: libri, fumetti, riviste, oggetti d’arte.

Conclusione

Quella vintage è una tendenza che continua a coinvolgere sempre più persone. I motivi del fascino che il vintage è in grado di esercitare sulle persone sono molteplici, e vanno dalla ricerca di unicità e originalità alla nostalgia e al desiderio di creare un ambiente unico e personale.

Dunque gli oggetti d’epoca possono essere un modo concreto per esprimere la propria personalità ed il proprio gusto, e possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale.

Se sei un amante del vintage, fai bene a regalarti o a regalare pezzi unici che hanno una storia da raccontare.

Bonus colonnine: rimborsi fino al 40% a imprese e professionisti 

Gli incentivi statali, come il Bonus colonnine per imprese e professionisti approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, giocano un ruolo fondamentale nella transizione ecologica. Che viene così accolta dalle imprese come un’opportunità, e non solo come un onere.
Aziende e professionisti che vorranno installare colonnine di ricarica elettrica potranno infatti accedere a un rimborso pari al 40% delle spese ammissibili, coperte a fondo perduto dal Fisco.

Una misura, quindi, che va oltre gli obblighi normativi imposti alle aziende, a cui spesso si chiede di dare il buon esempio in materia di sostenibilità ambientale, sociale e di governance. E che può dare un boost alla mobilità elettrica di imprese e professionisti.
“Vogliamo accompagnare la crescita della mobilità elettrica nel Paese, già fortemente sostenuta dal PNRR”, commenta il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin.

Quali spese sono ammissibili

Le spese ammissibili al Bonus colonnine riguardano acquisto e messa in opera delle colonnine, realizzazione degli impianti elettrici, opere edili strettamente necessarie all’installazione, impianti e dispositivi per il monitoraggio.
Saranno anche ammissibili, ma entro il 10% del costo globale, le spese per la connessione alla rete elettrica, la progettazione e la direzione dei lavori, il collaudo e la messa in sicurezza dell’impianto.
In ogni caso, potranno essere agevolate solo le spese oggetto di fattura elettronica.

Come accedere all’agevolazione

Le domande per accedere al Bonus colonnine per imprese e professionisti potranno essere compilate dal 26 ottobre, mentre l’invio delle richieste sarà possibile dal 10 novembre alle 17:00 del 30 novembre.
La modalità di accesso non è però la stessa per tutti i casi.

I professionisti (sempre) e le imprese che vogliano fare lavori entro il valore di 375.000 euro, o li abbiano già fatti dopo il 4 novembre 2021, dovranno compilare la domanda dall’apposita piattaforma sul sito di Invitalia.
Le imprese che faranno, o hanno già sostenuto dopo il 4 novembre 2021, lavori di valore pari o superiore a 375.000 euro dovranno inviare la domanda via Pec.

Chi può accedere al Bonus?

Invitalia, che gestisce la misura per conto del ministero, ha messo a disposizione il suo numero verde 800 77 53 97 e una scheda contatto online all’interno dell’area riservata sul sito per chiarire eventuali dubbi.
Il beneficio è rivolto a professionisti e imprese di qualunque dimensione, ma gli operatori economici che vorranno accedere a questa misura dovranno organizzarsi per non restare ‘a secco’.
Infatti, le risorse a disposizione sono 87,5 milioni di euro, di cui 8,75 milioni per i professionisti, 70 milioni per gli investimenti delle imprese inferiori a 375.000 euro, 8,75 milioni per gli investimenti delle imprese di valore pari o superiore a 375.000 euro.

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Metaverso: per gli italiani è un universo virtuale, aumentato e parallelo

La prima cosa che viene in mente agli italiani pensando al Metaverso è ‘Un universo virtuale, aumentato e parallelo’ (60%), seguita dalla ‘Fusione tra un videogioco e il mondo reale’ (26%) o da un semplice ‘Videogioco’ (14%).
È quanto emerge dai risultati dell’Osservatorio ANGI Ricerche, realizzato in collaborazione con l’istituto demoscopico Lab21.01 in occasione della seconda edizione del Festival del Metaverso, l’evento organizzato a settembre da ANGI – Associazione Nazionale Giovani Innovatori, presso la Nuvola Lavazza.

Secondo l’Osservatorio, nel 2023 aumenta ulteriormente la conoscenza da parte degli italiani del concetto di Metaverso. Il 35% della popolazione si dichiara infatti consapevole del suo significato, più le donne (43%) rispetto agli uomini (57%).

Ma solo il 9% ha fatto un’esperienza immersiva

Ancora pochi però sono gli italiani che hanno già fatto un’esperienza immersiva, il 9%, mentre la grande maggioranza degli intervistati dichiara di volerla fare (72%). Ma c’è anche un 11% del campione che afferma la sua contrarietà a provare l’esperienza del Metaverso.

Tra i dispositivi più utilizzati restano saldi in prima posizione i visori VR (43%), seguiti dai personal computer (32%) e dagli smartphone e tablet (23%).

Giudizi incerti sull’impatto, certezza sulle applicazioni pratiche

Ancora molto titubanti però gli italiani sugli effetti che potrebbero essere prodotti dal Metaverso. Cinque italiani su 10 non hanno ancora un giudizio assestato sulla possibile incidenza del Metaverso rispetto alle abitudini personali e sociali.

Sulle applicazioni pratiche del Metaverso i giovani under 35 sembrano comunque avere le idee chiare, citando ambiti di impiego quali istruzione e formazione (31%), mobilità, turismo e smart city (24%), rapporti sociali e interpersonali (18%), Pubblica amministrazione e rapporti con il cittadino (16%), ed e-commerce (11%).

Tanti vantaggi per la società, ma è davvero un luogo sicuro?  

Ma in che modo il Metaverso rivoluzionerà la nostra società?
I giovani italiani pongono al primo posto la possibilità di abbattere le distanze sociali (29%), seguita dall’incremento di spazi e strumenti tecnologici (21%), dall’opportunità di creare un ambiente gender and age equality (19%), da nuove opportunità di lavoro (17%) e da nuove possibili identità (14%).

Risulta poi sempre molto attraente la possibilità del Metaverso di favorire l’incontro con personaggi famosi, o di visitare luoghi lontani (90%).
Ma al tempo stesso solo 3 italiani su 10 considerano il Metaverso un luogo sicuro.
In particolare, il 65% dei maschi rispetto al 35% delle femmine, il 53% degli under 35, il 29% nella fascia 36-55 anni, e il 18% degli over 65.

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Cosa cercano i giovani lavoratori? Leadership gentile e flessibilità

Nonostante la retribuzione resti la principale motivazione, in generale oggi i lavoratori desiderano lavorare per aziende socialmente responsabili, che offrano al contempo flessibilità lavorativa e percorsi di carriera.Secondo i risultati del Report di Rome Business School, dal titolo ‘Il lavoro e le persone: leadership, engagement, competenze e benessere’, per i giovani dipendenti tra 23 e 30 anni, e i manager con età compresa tra 31 e 60 anni, è la flessibilità nell’orario e nei luoghi di lavoro la priorità a cui le organizzazioni devono prestare maggiore attenzione (64%).

La Leadership gentile, poi, è il trend più importante riguardo all’evoluzione dei modelli di leadership (44,1%), mentre per il 33,3% è lo stemperamento delle gerarchie, e per il 22,5% l’attenzione alla sostenibilità.

Engagement, Retention o Attraction?

Inoltre, il 23,2% pensa che le priorità per il Well-Being in azienda siano i benefit e il welfare aziendale, e solo per il 12,5% i servizi interni agli ambienti di lavoro. Per poco più della metà (51,4%) il criterio maggiormente considerato dai giovani nella scelta di una posizione lavorativa è la possibilità di crescita, mentre il 45,9% del campione crede che questo criterio sia la flessibilità, e la restante percentuale, il posizionamento ESG dell’azienda.
E se per il 55,4% degli intervistati l’Engagement dei dipendenti è la sfida più importante del People Management, per il 29,5% è la Retention, mentre il 15,2% ritiene sia l’Attraction.

Il ruolo del leader

Oggi le esigenze dei dipendenti sono sempre più al centro, e in questo il leader ha un ruolo fondamentale.
Sta infatti al leader il compito di percepire le necessità dei dipendenti con cui collabora: deve fornire supporto psicologico, possedere qualità quali comprensione e umanità, deve mostrare inclusività, autorevolezza decisionale e capacità analitica di fronte ai problemi, ponendosi sempre come un esempio per i collaboratori.

I cambiamenti repentini che stiamo vivendo obbligano infatti una maggiore attenzione e cura da parte dei manager verso i propri collaboratori. La gestione del personale d’azienda non si basa prettamente sulle necessità aziendali, ma trae origine dalle esigenze dei dipendenti stessi.

Competenze del futuro e AI

“Per essere competitivi, alla formazione di base e a quella tecnica bisognerà affiancare una cultura più interdisciplinare – afferma Francesco Baldi, docente dell’International Online Master in Finance di Rome Business School -. In particolare, saranno le Digital Skills a fare la differenza, perché particolarmente trasversali”, soprattutto quelle nell’ambito della sicurezza informatica, nell’automazione, cloud e Intelligenza artificiale.

Per il 64,9% del campione le competenze critiche da dover sviluppare in ambito AI sono la creatività e la relazionalità.
Ma per essere competitivi in ogni settore, le 5 top skills per il futuro saranno creatività, pensiero critico e analitico, problem solving, e abilità legate allo sviluppo e all’utilizzo della tecnologia. Come capacità di sapere leggere e interpretare i dati o competenze di programmazione.

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