Imprese: crescono i fatturati, ma peggiorano marginalità e rischio creditizio

Secondo alcune evidenze emerse dall’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio CRIF Pulse, la dinamica inflazionistica continuerà a spingere verso l’alto i fatturati delle imprese italiane anche nel 2022, previsti al +9% sia rispetto al 2021 sia al 2019.La ripresa economica registrata nel 2021 ha infatti consentito un importante recupero del fatturato e dei margini delle aziende italiane, seppur con grosse differenze tra i diversi settori. Tuttavia, l’attuale contesto caratterizzato da molteplici tensioni e fattori di incertezza, comporta una revisione al ribasso delle prospettive 2022 sul fronte della marginalità operativa. È prevista infatti in calo sia rispetto al 2021 (-40 bps) sia rispetto al 2019 (-50 bps), prima che la diffusione della pandemia arrivasse a condizionare in modo tanto pesante l’economia globale.

Più rischio per Turismo, Tempo Libero, Costruzioni, Immobiliare e Agricoltura 

Nel primo semestre 2022 le imprese italiane hanno iniziato a risentire in modo evidente dei fattori di tensione e di incertezza, tanto che oltre il 40% delle imprese si caratterizza per un livello di rischio creditizio prospettico medio-alto. A livello settoriale, risultano maggiormente esposti Turismo, Tempo Libero, Costruzioni e Immobiliare, i comparti che dall’inizio della pandemia avevano subito gli effetti più significativi, e l’Agricoltura, a causa dell’emergenza idrica e del caro energia. Le previsioni per il 2022 vedono da un lato la crescita del fatturato legata alla spinta inflazionistica e dall’altro la riduzione dei margini operativi derivante dall’incremento dei costi energetici e delle materie prime.

Pressione sui margini operativi e fabbisogno di capitale

“A livello di impatto finanziario, l’equilibrio fonti-impieghi delle aziende italiane resta delicato – spiega Simone Mirani, General Manager di CRIF Ratings -. La pressione sui margini operativi e il fabbisogno di capitale circolante saranno difficilmente compensabili nel breve termine in termini di capacità di generazione di cassa. Tuttavia, le aziende che hanno effettuato un’adeguata provvista finanziaria nel biennio 2020-2021, anche grazie agli strumenti messi in campo dal governo italiano per contenere la crisi causata dalla pandemia, dispongono di un vitale polmone di liquidità”.

L’impatto dei tassi d’interesse sul tasso di default

“Da tenere presente, però, che il venir meno delle moratorie e la conseguente ripresa dei piani di rimborso del debito finanziario, unitamente all’impatto dell’impennata dei costi dell’energia e di alcune materie prime, potranno accentuare le tensioni sul fronte della liquidità, specie nei settori ad alta intensità di capitale circolante e in quelli energivori – aggiunge Simone Mirani -. Il progressivo incremento dei tassi d’interesse nell’attuale contesto potrà inoltre contribuire, specie per le aziende con elevati livelli di indebitamento, ad accrescere ulteriormente il rischio di credito nel medio termine, e il conseguente tasso di default nel biennio 2023-2024”.