Accesso al credito e stabilità del sistema finanziario

In Italia, le erogazioni annue di mutui e altri finanziamenti a rate rappresentano fra il 6 e il 7% del PIL. La sola parte relativa al credito al consumo ne rappresenta oltre il 3%, e oltre il 5% dei consumi complessivi delle famiglie italiane. D’altra parte, i mutui ipotecari sostengono circa la metà degli acquisti di abitazioni da parte degli italiani. 

Insomma, l’erogazione di credito rappresenta uno stimolo fondamentale a supporto dell’economia reale, permettendo di soddisfare le esigenze di chi necessita di liquidità per sostenere consumi e investimenti importanti.
Per fotografare i meccanismi di erogazione del credito retail, una ricerca realizzata da CRIF e Nomisma esamina il ruolo dei Sistemi di Informazioni Creditizie (SIC) come componente terza fondamentale a supporto dell’accesso al credito degli italiani e di sostegno ai consumi.

Il ruolo del SIC come facilitatore nell’accesso al credito

Utilizzando dati di natura pubblica o presenti nella banca dati EURISC di CRIF, emerge che i SIC favoriscono l’accesso al credito a una più ampia platea di consumatori, garantendo al contempo l’attenzione alla sostenibilità finanziaria delle famiglie e la prevenzione dai rischi di sovraindebitamento.
Il 74% dei consumatori intervistati ritiene giusto che si valuti l’affidabilità dei richiedenti.

L’indagine indica anche una crescente consapevolezza sull’importanza di una sana gestione del credito. Seppur contenuta, aumenta la quota di italiani che verifica i propri dati sul SIC (16%), principalmente in via preventiva prima di richiedere un prestito o un mutuo.

I new to credit e i possessori di una storia creditizia

La referenza fornita dal SIC costituisce infatti una garanzia immateriale su cui il cittadino può fare affidamento per accreditarsi agli occhi delle aziende di credito che dovranno decidere in merito all’erogazione del finanziamento.
Ciò è surrogato dai dati sui tassi di accettazione, che nel periodo 2020-2022 sono aumentati del +53% per le richieste di credito fra chi ha già una storia creditizia.

Per le forme di credito al consumo, il gap fra i ‘new to credit’ e chi possiede una storia creditizia è ancora più elevato in quanto si tratta di forme creditizie per le quali non viene richiesta alcuna garanzia reale. Le informazioni che referenziano il soggetto disponibili sul SIC aiutano il sistema finanziario nel supporto e ampliamento dei beneficiari di forme di credito.

Favorire la sostenibilità dei debiti

Confrontando gli importi tra il 2017 e 2023 le rate medie mensili pro-capite per mutui e prestiti sono contenute ,e l’incremento è decrescente se il soggetto deve rimborsare più di un finanziamento.
La conoscenza degli impegni finanziari assunti aiuta gli istituti di credito a modulare i piani di rimborso in base a criteri di sostenibilità. I SIC quindi proteggono la stabilità del sistema finanziario.

Gli indicatori di rischiosità sul credito al consumo e i mutui, nonostante l’allargamento della platea di soggetti che utilizzano questi servizi, rimangono contenuti e prossimi ai minimi storici malgrado una congiuntura economica non favorevole, l’incremento del costo della vita, e un deciso rialzo dei tassi.

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Inflazione e reddito: quanto rimane in tasca agli italiani?

L’andamento economico italiano deve affrontare una sfida difficile: sebbene i dati nominali indichino un aumento del reddito medio delle famiglie da poco più di 38.300 euro nel 2019 a oltre 43.800 euro nel 2023, la realtà potrebbe essere ben diversa. La corsa dell’inflazione ha reso questo incremento di oltre 5.500 euro puramente illusorio, causando una perdita complessiva netta di oltre 6 miliardi di euro rispetto ai livelli pre-pandemia.

Questa amara constatazione emerge da un’analisi approfondita dei redditi familiari condotta da CER e Ufficio Economico Confesercenti, basata sui dati Istat e a quattro anni dall’inizio del lockdown a marzo 2020.

La crescita solo apparente del reddito medio 

La crescita apparente del reddito medio da lavoro autonomo, che ha superato i 43.600 euro nel 2023, e l’aumento dei redditi derivati da altre fonti, come patrimoni e rendite finanziarie, non riescono a bilanciare l’erosione del reddito da lavoro dipendente. QUest’ultimo ha infatti registrato un modesto aumento di soli 180 euro in termini reali.

Valle d’Aosta e Lombardia “scavalcano” l’inflazione

Il panorama regionale presenta disparità significative. Ci sono alcune regioni del Nord, come la Valle d’Aosta e la Lombardia, che riescono a superare l’inflazione e mostrano un aumento del reddito medio reale, mentre la maggior parte del paese si trova in una situazione di regresso economico.

La Calabria si trova in una posizione critica, con un reddito medio reale delle famiglie nel 2023 sotto i 29.000 euro annui. SI tratta di una distanza siderale rispetto gli oltre 47.000 euro registrati nella provincia di Bolzano.

L’andamento dell’occupazione

Un’analisi più approfondita rivela che arrivano segnali positivi sul fronte dell’occupazione. Nei quattro anni presi in esame, infatti,  c’è stato un incremento netto di quasi 394.000 occupati. Tuttavia, le dinamiche occupazionali variano notevolmente a livello regionale, con la Puglia in testa per la maggiore crescita, mentre quattro regioni, tra cui la Sardegna e la Calabria, sperimentano un declino occupazionale.

Il reddito reale è un parametro cruciale per valutare l’economia

Confesercenti sottolinea l’importanza di considerare i livelli di reddito “reali” come indicatore cruciale per valutare la salute economica e il benessere complessivo. Per affrontare la sfida dell’inflazione, propone interventi fiscali mirati, tra cui una riduzione permanente del cuneo contributivo e una riforma fiscale accelerata, al fine di sostenere i redditi delle famiglie e stimolare i consumi.

Questi interventi sono visti come essenziali per contrastare la perdita di potere d’acquisto dovuta all’attuale inflazione globale e per promuovere una vera ripresa economica a lungo termine.

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Italia e ambiente, bene ma non benissimo: in quali ambiti si può fare di più?

Il nostro paese sta “lavorando” bene in fatto di ambiente. L’Italia si inserisce nei parametri degli obiettivi europei di sviluppo sostenibile per la produzione di energia da fonti rinnovabili, registra progressi nella raccolta differenziata dei rifiuti e riduce lo smaltimento in discarica. Il quadro nazionale è stato delineato nel quarto “Rapporto Ambiente” di Snpa, presentato recentemente in presenza del Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica.

L’analisi, suddivisa in 21 punti, fornisce una panoramica dello stato ambientale dell’Italia, evidenziando le tendenze positive e i settori che richiedono invece ulteriori attenzioni.

Positivo l’aumento dell’utilizzo delle rinnovabili

Un aspetto positivo riguarda l’utilizzo delle energie rinnovabili, che nel periodo 2004-2020 ha registrato un aumento significativo, passando dal 6,3% del 2004 al 20,4% nel 2020 e superando l’obiettivo del 17% assegnato all’Italia. Tuttavia, si segnala una lieve flessione al 19% nel 2021. Buoni risultati anche per l’agricoltura biologica, con l’obiettivo di destinare il 25% dei terreni agricoli a questa pratica entro il 2027.

Cresce il ricorso alla raccolta differenziata

Un altro parametro positivo si riferisce alla raccolta differenziata. Questa tendenza continua a crescere, raggiungendo il 65% a livello nazionale nel 2022, con l’organico che rappresenta la frazione più raccolta (38,3% del totale). La quantità di rifiuti smaltiti in discarica è in costante diminuzione, passando dal 63,1% nel 2002 al 17,8% nel 2022, con 117 discariche operative.

Qualità dell’aria, occorrono ulteriori sforzi 

Per quanto riguarda la qualità dell’aria, si conferma la tendenza decrescente del particolato Pm2,5 negli ultimi 10 anni, risultato della riduzione delle emissioni di particolato primario e dei principali precursori del secondario. Tuttavia, la quasi totalità delle stazioni di monitoraggio supera il valore di riferimento annuale dell’OMS.

Le emissioni di gas serra si riducono rispetto al 1990 (-20%), ma occorrono ulteriori sforzi per raggiungere gli obiettivi al 2030. In particolare, dopo lo stop registrato nel periodo pandemico, c’è stato un forte incremento dell’8,5% nel 2021 rispetto all’anno precedente.

Negativi i valori sul consumo di suolo

Il consumo di suolo, riferisce Askanews, segna purtroppo un trend negativo. E’ infatti aumentato di oltre 120 mila ettari in Italia dal 2006 al 2022. Nell’ultimo anno, il consumo di suolo netto registrato in Italia è stato in media, oltre 21 ettari al giorno pari a 2,4 m2 al secondo. Inoltre, l’incidenza del turismo sui rifiuti urbani mostra variazioni altalenanti dal 2006 al 2021, con un incremento negli ultimi anni. Il quadro complessivo è positivo, ma richiede impegno costante per affrontare le sfide ambientali.

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Italia, torna a crescere l’esercito delle partite Iva. Perchè?

Dopo il difficile 2020 segnato dalla pandemia, il numero di lavoratori autonomi in Italia è tornato a crescere, superando stabilmente i 5 milioni. Al 31 dicembre scorso, si sono registrati 5.045.000 lavoratori indipendenti, un lieve aumento rispetto a quattro anni fa, ma ancora lontano dai 6,2 milioni del 2004. Questi dati sono stati forniti dall’Ufficio studi della CGIA.

Non tutti i settori godono di buona salute

Tuttavia, non tutte le categorie di lavoratori autonomi godono di buona salute. Settori tradizionali come artigiani, piccoli commercianti e agricoltori stanno affrontando grosse difficoltà, a partire da un calo numerico. Al contrario, le partite Iva senza albo o ordine professionale, come web designer, social media manager, formatori e altri, stanno registrando un numero in aumento di addetti. 

Un universo centrale nell’economia italiana

Il blocco sociale formato da partite Iva, micro imprese e i loro dipendenti rappresenta oltre 6 milioni di persone, che prima della pandemia contribuivano con quasi 200 miliardi di PIL. Questo settore è diventato centrale nell’economia italiana, soprattutto nel Nordest, e ha incarnato valori come l’autonomia, la sfida di confrontarsi con il mercato senza reti di sicurezza sociale e il perseguire il miglioramento delle condizioni di vita attraverso l’autorealizzazione personale.

Un segnale della ripresa economica?

Il trend positivo che da tre anni riguarda i lavoratori autonomi è attribuibile alla ripresa economica post Covid, con un significativo aumento dell’occupazione. L’introduzione del regime forfettario per attività con ricavi inferiori a 85 mila euro ha reso più gestibile fiscalmente l’attività autonoma. Tuttavia, si ipotizza anche un aumento delle “false” partite Iva, probabilmente legate al boom dello smart working.

A livello territoriale, alcuni dati fino ai primi 9 mesi del 2023 mostrano un aumento complessivo dei lavoratori autonomi, ma con disparità regionali. Molise, Liguria, Calabria e Emilia Romagna hanno registrato incrementi significativi, mentre Abruzzo, Umbria, Trentino Alto Adige e Marche hanno subito contrazioni notevoli.

Calano però le categorie “tradizionali”

Nonostante la crescita complessiva del numero di lavoratori autonomi, le attività tradizionali come artigiani, piccoli commercianti e agricoltori stanno vivendo una crisi profonda. Tra il 2014 e il 2022, queste categorie sono diminuite complessivamente di 495 mila unità.

Il segretario della CGIA, Renato Mason, esprime preoccupazione per il declino degli artigiani e dei piccoli commercianti, sottolineando l’impatto negativo sulla qualità della vita sia nelle città sia nei piccoli centri. 

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Lifelong learning: i trend e le previsioni per il 2024

Learnn, la piattaforma di e-leanrnig, ha svolto un’analisi dei trend relativi alla formazione rilevati durante il 2023. E a partire da questi, ha formulato una previsione delle tendenze che si registreranno nel 2024 nel settore del Lifelong Learning.

Il 2023 è stato scelto dalla Commissione Europea come ‘L’anno europeo delle competenze’. Questo, dovrebbe contribuire a dare slancio al raggiungimento degli obiettivi sociali della UE per il 2030, che promuovono il coinvolgimento di almeno il 60% degli adulti in attività di formazione e mirano a fornire competenze digitali di base ad almeno l’80% degli adulti europei.

In questo contesto giocano un ruolo fondamentale le piattaforme per migliorare e sviluppare le skills in abito tech. L’obiettivo, è arricchire il percorso di carriera professionale e far crescere la propria azienda.

AI, ChatGPT, ma anche SEO e Social Media Marketing

Sulla piattaforma Learnn nel 2023 i corsi più ricercati sono stati quelli su AI e ChatGPT, Instagram, Facebook Ads, Graphic Design con Canva, Fotografia con Smartphone, Google Ads, LinkedIn Content, Excel, Copywriting e SEO.
Questi dati permettono di comprendere che le aree più seguite nel 2023 sono state quelle relative all’Intelligenza artificiale, con un particolare focus su ChatGPT, e al Social Media Marketing, con un forte interesse anche per il design e la creatività.

Di particolare successo è stata poi l’area che esplora il potenziamento di competenze specifiche per il business, per l’e-commerce e lo sviluppo personale.

Rimanere competitivi e seguire lo sviluppo delle nuove tecnologie

Il target dei professionisti per età va da 25 a 45 anni. Include neo-laureati, o prossimi alla fine degli studi universitari, o chi ha maturato diversi anni di esperienza, ma sente il bisogno di affinare e aggiornare le competenze.

La necessità è rimanere competitivo e seguire lo sviluppo delle nuove tecnologie. In particolare, si tratta per il 33% di lavoratori dipendenti, per il 34% di freelancer, per il 25% di imprenditori e per l’8% di studenti, con una maggioranza femminile di iscritte (circa il 52%). 
“In generale, si può dire che il mercato della formazione durante l’anno passato abbia richiesto più praticità, tutorial e strategie step-by-step spiegate da esperti del settore”, commenta Luca Mastella, CEO e founder di Learnn.

Anche il personal branding è un’area di interesse

Secondo Learnn, durante il 2024 si rafforzerà ulteriormente l’interesse per AI e tecnologie emergenti, oltre a confermarsi l’attenzione verso il Digital Marketing.
Secondo gli esperti ci sarà poi un particolare coinvolgimento nei corsi di programmazione per i non-programmatori, ma anche una crescente domanda di competenze in e-commerce e business online.

Tra gli obiettivi, intensificare le aree che coinvolgono le competenze digitali (social/content, advertisement, strumenti, innovazione, AI), le soft skills (negoziazione, leadership, gestione dello stress, identificazione degli obiettivi, focus, produttività, comunicazione nel team, motivazione), ma anche le professional skills, come personal branding, comunicazione digitale, monetizzazione, fiscalità, comunicazione con il cliente finanza personale, e trovare lavoro.

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Sviluppo Sostenibile: a che punto è l’Italia con l’Agenda 2030?

Gli italiani mostrano una sempre maggiore consapevolezza e attenzione alla sostenibilità, ma i dati Ipsos pubblicati nel Rapporto ASviS 2023 registrano anche un crescente scetticismo riguardo all’effettiva volontà di costruire un mondo più sostenibile. Tanto che in cinque anni gli ‘scettici’ sono passati dal 13% al 22%.
Il 19% della popolazione pensa comunque che tutti i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) dovrebbero avere pari dignità, mentre l’81% identifica alcune priorità, in parte legate alla specificità del momento.

Ad esempio, la lotta alla povertà (Goal 1) si colloca a metà della classifica (8° posto) tra le priorità percepite all’interno degli Obiettivi: il 17% degli intervistati la indica tra le più rilevanti e il 5% la pone al primo posto. Anche l’obiettivo di sconfiggere la fame (Goal 2, 6°) sarebbe al primo posto per il 5% degli intervistati.

Priorità assoluta al cambiamento climatico 

Sul podio della classifica delle priorità salgano il Goal 3 (Salute e benessere, 3°), l’Obiettivo 8, relativo a lavoro dignitoso e crescita economica (2°), ma al 1° posto si posiziona il Goal 13, la lotta contro il cambiamento climatico, considerato l’obiettivo di sviluppo sostenibile più importante.

Il 28% della popolazione lo ritiene di massima urgenza, ed è una delle principali preoccupazioni avvertite sia a livello globale sia in Italia.
Ai piani alti della classifica, coerentemente con l’assoluta necessità di combattere il cambiamento climatico, si posizionano anche il Goal 15 (Vita sulla terra, 4°), seguito dal Goal 7, focalizzato su energia pulita e accessibile (5°).

Lotta alle disparità di genere: solo al 12° posto 

Quanto agli altri 17 SDGs se l’offerta di un’istruzione di qualità, equa e inclusiva (Goal 4), si colloca nella seconda metà della classifica (10°), la lotta alle disparità di genere (Goal 5) conquista solo il 12° posto.
Più rilevante sono considerati il sesto Obiettivo (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari), al 7° posto, e il Goal 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide), al 9°, con il 15% che lo indica tra gli obiettivi più importanti.

A sorpresa, la riduzione delle disuguaglianze (Goal 10) all’interno e fra i Paesi in Italia non è considerata una priorità.
Relegata all’11° posto della classifica dei 17 SDGs, è considerata una priorità solo per il 13% di coloro che sono a conoscenza dell’Agenda 2030.

Città, mari e innovazione sono meno prioritari

Nonostante sia indubbio che le città giocheranno un ruolo cruciale per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, il Goal 11 (Città e comunità sostenibili, è solo al 13° posto, seguito dal Goal 12 (Consumo e produzione responsabile, 14°), e dal Goal 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture, 15°).

Il proposito di conservare e utilizzare in modo sostenibile le risorse del mare occupa la penultima posizione della classifica (Goal 14, Vita sott’acqua), mentre la costruzione di partnership (Goal 17, Partnership per gli obiettivi) è l’ultima delle priorità percepite: solo il 3% della popolazione la indica tra gli Obiettivi più rilevanti.

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Lo Smart Working cresce ancora, e nel 2023 coinvolge 3,6 milioni di italiani

Lo smart working si consolida e torna a crescere: nel 2023 i lavoratori italiani da remoto si assestano a 3,585 milioni, in crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, e ben il 541% in più rispetto al pre-Covid.
Dopo il picco della pandemia, e la graduale riduzione negli ultimi due anni, nel corso del 2023 i lavoratori da remoto sono aumentati particolarmente nelle grandi imprese, dove sono su due (1,88 milioni), e lievemente anche nelle Pmi (570mila), dove rappresentano il 10% della platea potenziale.

Sono invece diminuiti nelle micro imprese (620mila, 9% del totale) e nelle PA (515.000, 16%). nel nostro Paese. E a quanto emerge dall’ultimo Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2024 si stimano 3,65 milioni di smart worker.

Modelli strutturati nelle grandi imprese, informali nelle Pmi

Oggi il 96% delle grandi imprese applica iniziative di smart working, in larga parte con modelli strutturati, e il 20% è impegnato a estenderne l’applicazione anche a profili tecnici e operativi precedentemente esclusi.

Lo smart working è presente anche nel 56% delle Pmi, dove viene spesso applicato con modelli informali gestiti a livello di specifici team.
Viene poi adottato anche dal 61% degli enti pubblici, con iniziative strutturate presenti soprattutto nelle realtà di maggiori dimensioni.
Tutte le grandi imprese prevedono di mantenerlo anche in futuro, solo il 6% è incerto.
Al contrario, il 19% delle Pmi non sa come, o se, lo smart working verrà previsto in futuro.

L’impatto sul mercato immobiliare e la fuga dalle città

Grazie alla diminuzione degli spostamenti e il minor uso degli uffici lo smart working ha effetti importanti sull’ambiente, ma non solo.
Lo smart working ha effetti anche sul mercato immobiliare.

Il 14% di chi lavora da remoto ha cambiato casa o ha deciso di farlo, spesso scegliendo zone periferiche o piccole città alla ricerca di un diverso stile di vita, con un effetto di rilancio per diverse aree del paese.
Un cambiamento che ha generato iniziative di marketing territoriale e nuovi servizi, come nuove infrastrutture di connettività o spazi coworking. D’altronde, il 44% di chi lavora da remoto l’ha già fatto, almeno occasionalmente, da luoghi diversi da casa propria, come spazi di coworking, altre sedi dell’azienda o altri luoghi della città.

Se il capo è smart lo è anche il lavoro

Non sempre però il lavoro da remoto porta a modelli realmente ‘smart’. Sono solo i ‘veri’ smart worker, ossia quelli che oltre a lavorare da remoto hanno flessibilità di orari e operano per obiettivi, a presentare livelli di benessere ed engagement più alti dei lavoratori tradizionali in presenza.

Tuttavia, sono anche più frequentemente vittime di forme di tecnostress e overworking.
Un ruolo fondamentale è quello dei manager. I lavoratori con un capo realmente ‘smart’, che assegna obiettivi chiari, fornisce feedback frequenti e costruttivi, favorisce la crescita professionale e trasmette gli indirizzi strategici, presentano livelli di benessere e prestazioni migliori rispetto a quelli i cui capi non hanno queste caratteristiche.

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Bonus colonnine: rimborsi fino al 40% a imprese e professionisti 

Gli incentivi statali, come il Bonus colonnine per imprese e professionisti approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, giocano un ruolo fondamentale nella transizione ecologica. Che viene così accolta dalle imprese come un’opportunità, e non solo come un onere.
Aziende e professionisti che vorranno installare colonnine di ricarica elettrica potranno infatti accedere a un rimborso pari al 40% delle spese ammissibili, coperte a fondo perduto dal Fisco.

Una misura, quindi, che va oltre gli obblighi normativi imposti alle aziende, a cui spesso si chiede di dare il buon esempio in materia di sostenibilità ambientale, sociale e di governance. E che può dare un boost alla mobilità elettrica di imprese e professionisti.
“Vogliamo accompagnare la crescita della mobilità elettrica nel Paese, già fortemente sostenuta dal PNRR”, commenta il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin.

Quali spese sono ammissibili

Le spese ammissibili al Bonus colonnine riguardano acquisto e messa in opera delle colonnine, realizzazione degli impianti elettrici, opere edili strettamente necessarie all’installazione, impianti e dispositivi per il monitoraggio.
Saranno anche ammissibili, ma entro il 10% del costo globale, le spese per la connessione alla rete elettrica, la progettazione e la direzione dei lavori, il collaudo e la messa in sicurezza dell’impianto.
In ogni caso, potranno essere agevolate solo le spese oggetto di fattura elettronica.

Come accedere all’agevolazione

Le domande per accedere al Bonus colonnine per imprese e professionisti potranno essere compilate dal 26 ottobre, mentre l’invio delle richieste sarà possibile dal 10 novembre alle 17:00 del 30 novembre.
La modalità di accesso non è però la stessa per tutti i casi.

I professionisti (sempre) e le imprese che vogliano fare lavori entro il valore di 375.000 euro, o li abbiano già fatti dopo il 4 novembre 2021, dovranno compilare la domanda dall’apposita piattaforma sul sito di Invitalia.
Le imprese che faranno, o hanno già sostenuto dopo il 4 novembre 2021, lavori di valore pari o superiore a 375.000 euro dovranno inviare la domanda via Pec.

Chi può accedere al Bonus?

Invitalia, che gestisce la misura per conto del ministero, ha messo a disposizione il suo numero verde 800 77 53 97 e una scheda contatto online all’interno dell’area riservata sul sito per chiarire eventuali dubbi.
Il beneficio è rivolto a professionisti e imprese di qualunque dimensione, ma gli operatori economici che vorranno accedere a questa misura dovranno organizzarsi per non restare ‘a secco’.
Infatti, le risorse a disposizione sono 87,5 milioni di euro, di cui 8,75 milioni per i professionisti, 70 milioni per gli investimenti delle imprese inferiori a 375.000 euro, 8,75 milioni per gli investimenti delle imprese di valore pari o superiore a 375.000 euro.

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Cosa cercano i giovani lavoratori? Leadership gentile e flessibilità

Nonostante la retribuzione resti la principale motivazione, in generale oggi i lavoratori desiderano lavorare per aziende socialmente responsabili, che offrano al contempo flessibilità lavorativa e percorsi di carriera.Secondo i risultati del Report di Rome Business School, dal titolo ‘Il lavoro e le persone: leadership, engagement, competenze e benessere’, per i giovani dipendenti tra 23 e 30 anni, e i manager con età compresa tra 31 e 60 anni, è la flessibilità nell’orario e nei luoghi di lavoro la priorità a cui le organizzazioni devono prestare maggiore attenzione (64%).

La Leadership gentile, poi, è il trend più importante riguardo all’evoluzione dei modelli di leadership (44,1%), mentre per il 33,3% è lo stemperamento delle gerarchie, e per il 22,5% l’attenzione alla sostenibilità.

Engagement, Retention o Attraction?

Inoltre, il 23,2% pensa che le priorità per il Well-Being in azienda siano i benefit e il welfare aziendale, e solo per il 12,5% i servizi interni agli ambienti di lavoro. Per poco più della metà (51,4%) il criterio maggiormente considerato dai giovani nella scelta di una posizione lavorativa è la possibilità di crescita, mentre il 45,9% del campione crede che questo criterio sia la flessibilità, e la restante percentuale, il posizionamento ESG dell’azienda.
E se per il 55,4% degli intervistati l’Engagement dei dipendenti è la sfida più importante del People Management, per il 29,5% è la Retention, mentre il 15,2% ritiene sia l’Attraction.

Il ruolo del leader

Oggi le esigenze dei dipendenti sono sempre più al centro, e in questo il leader ha un ruolo fondamentale.
Sta infatti al leader il compito di percepire le necessità dei dipendenti con cui collabora: deve fornire supporto psicologico, possedere qualità quali comprensione e umanità, deve mostrare inclusività, autorevolezza decisionale e capacità analitica di fronte ai problemi, ponendosi sempre come un esempio per i collaboratori.

I cambiamenti repentini che stiamo vivendo obbligano infatti una maggiore attenzione e cura da parte dei manager verso i propri collaboratori. La gestione del personale d’azienda non si basa prettamente sulle necessità aziendali, ma trae origine dalle esigenze dei dipendenti stessi.

Competenze del futuro e AI

“Per essere competitivi, alla formazione di base e a quella tecnica bisognerà affiancare una cultura più interdisciplinare – afferma Francesco Baldi, docente dell’International Online Master in Finance di Rome Business School -. In particolare, saranno le Digital Skills a fare la differenza, perché particolarmente trasversali”, soprattutto quelle nell’ambito della sicurezza informatica, nell’automazione, cloud e Intelligenza artificiale.

Per il 64,9% del campione le competenze critiche da dover sviluppare in ambito AI sono la creatività e la relazionalità.
Ma per essere competitivi in ogni settore, le 5 top skills per il futuro saranno creatività, pensiero critico e analitico, problem solving, e abilità legate allo sviluppo e all’utilizzo della tecnologia. Come capacità di sapere leggere e interpretare i dati o competenze di programmazione.

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Parità di genere: per le imprese è l’obiettivo sostenibile n 1. Lo dice l’AI 

Lo attesta un recente studio condotto da InfoCamere in collaborazione con Values 20, la comunità di esperti internazionali nata per supportare il tema dei valori delle politiche pubbliche nell’ambito del G20: la parità di genere è il primo fra gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) delle imprese italiane. 
L’analisi è stata realizzata su un campione di 53 mila imprese, costituito da startup, Pmi, imprese innovative e realtà no-profit italiane, grazie alla sperimentazione di un algoritmo, basato sul machine learning e applicato alle dichiarazioni contenute nell’oggetto sociale delle imprese.

Certificare la partecipazione attiva alla cultura dell’inclusione

In assenza di criteri condivisi di riconoscibilità dell’impegno sulla sostenibilità, lo studio ha provato a sfruttare la potenza dell’Intelligenza artificiale per disegnare il profilo di un fenomeno di crescente rilevanza, ma ancora difficilmente quantificabile. La certificazione sulla parità di genere è uno degli strumenti più importanti attraverso cui le aziende manifestano una partecipazione attiva verso la cultura dell’inclusione, della diversità e delle pari opportunità. Temi sempre più al centro della vision aziendale negli ultimi anni. In particolare, nell’ambito dell’impegno verso gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Principi di sostenibilità riconosciuti e riconoscibili

Cresce quindi a livello globale la consapevolezza dell’impatto esercitato dalle attività umane e dai modelli sociali ed economici sulla qualità della vita. Dal punto di vista delle imprese, anche sulla spinta di una maggiore competitività e del rafforzamento del rapporto con clienti e consumatori, si è ampliata la schiera delle realtà che riconoscono l’importanza di improntare la propria attività a principi di sostenibilità riconosciuti e riconoscibili. Al punto che anche sui temi della sostenibilità si è sviluppato il fenomeno del greenwashing, il tentativo di migliorare l’immagine pubblica tramite la presentazione distorta o esagerata di pratiche sostenibili, tra cui anche i divari di genere.

La Strategia Nazionale per la Parità di genere e il PNRR

A luglio 2021 il governo italiano ha varato una Strategia Nazionale per la Parità di genere, nel cui ambito uno degli strumenti principali è la certificazione, introdotta con l’obiettivo di migliorare la possibilità per le donne di accedere al mercato del lavoro e a ruoli di leadership. Per le imprese la certificazione rappresenta una delle iniziative centrali all’interno del PNRR per il raggiungimento dell’obiettivo trasversale della parità di genere e per il sostegno all’empowerment delle donne.
In questo quadro, l’impegno delle imprese si sviluppa sempre più spesso sul fronte del work-life balance e del welfare, creando le condizioni per un ambiente di lavoro più attrattivo, e in linea con le aspettative delle persone che vi lavorano.

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