Quanto guadagna un Ceo? In Italia, 10 volte un operaio

Fra un Ceo e un operaio italiano c’è un multiplo retributivo di 9,6 volte. I dati relativi al jobpricing parlano chiaro, il 93% lavoratori del settore privato a livello globale percepisce una retribuzione annua inferiore a 40.000 euro lordi. Questo vuol dire che fra il 1° e il 9° decile della curva di mercato esiste una differenza di 15.000 euro, ovvero del 65%. La disuguaglianza retributiva, inoltre, è maggiore nei Paesi a basso reddito piuttosto che in quelli ad alto reddito. E l’Italia? Si colloca al 14° posto nel ranking generale.

Dal 1985 al 2014 l’indice di disuguaglianza è cresciuto del 21%

Da uno studio dell’Osservatorio Jobpricing sulle retribuzioni emerge che in Italia dal 1985 al 2014 l’indice di disuguaglianza è cresciuto del 21%. E la quota dei lavoratori con retribuzione inferiore al 40% della media nazionale è passata dal 17,9% al 22,1%, mentre quella con retribuzione pari ad almeno 5 volte la mediana è più che raddoppiata, passando dallo 0,34% al 0,89%. Secondo lo studio, le disuguaglianze si sono probabilmente generate negli anni Ottanta e Novanta, con lo smantellamento della scala mobile e la concessione di maggiori differenziazioni tra i minimi salariali contrattati ai vari livelli d’inquadramento dei contratti collettivi. E dal Duemila in poi le differenze agli estremi della curva di distribuzione si sono fortemente ampliate.

Il gap cresce al crescere del salario orario

A livello geografico, in Italia a si registrano livelli di occupazione e retribuzioni molto differenti. Negli ultimi 10 anni il numero di occupati è cresciuto del +2,3% nel Nord e Centro mentre è calato del 4,0% al Mezzogiorno. Il tasso di occupazione è del 66,1% al Centro-Nord e fermo al 44,5% a Sud. Fra Nord e Sud il Gap retributivo è del 15%.

Altro fattore di disuguaglianza è il Gender Pay Gap, che varia dal 16% al 22%, e che in Italia nel settore privato per i lavoratori a tempo pieno è del 10%.

Il gap cresce al crescere del salario orario (21% vs. 12,8% confrontando il delta al 9° e al 1° decile della curva di distribuzione), e le sue motivazioni sono per lo più riconducibili a fattori non spiegabili, riporta Adnkronos.

Per gli under 35 la questione non è tanto il livello di retribuzione quanto averne una

Per chi in Italia è giovane, ovvero ha meno di 35 anni, la questione decisiva non è tanto il livello di retribuzione, quanto avere uno stipendio. I lavoratori sono sempre più anziani e la componente giovanile è inferiore a dieci anni fa. La quota di occupati a tempo indeterminato tra i 15 e i 34 anni nel 2018 è stata infatti del 22%. Tra il 1983 e il 2015 il valore dei salari medi annuali dei giovani tra i 15 e 29 anni rispetto a quello degli over 50 è passato dal 70% al 50%. Ma il salario d’ingresso è diminuito nello stesso periodo di circa il 20%.