Slow shopping: acquistare lento è sinonimo di qualità e durata

Un cambiamento nella scala di valori e atteggiamenti, sia dal punto di vista della sostenibilità sia dello sviluppo economico e del progresso sociale: è un nuovo concetto di consumo, ovvero, lo slow shopping. Lo shopping lento può eliminare l’acquisto impulsivo, e aiutare i consumatori a decidere se c’è davvero bisogno di acquistare un determinato prodotto o meno. Ma slow shopping significa anche tempi lenti di acquisto, senza ansie da accaparramento, e senza essere condizionati dalle offerte promozionali. Se la logica del fast shopping è quella dell’iperproduzione e dell’iperconsumo, a basso costo e bassa qualità, lo slow shopping privilegia la qualità e la durata, tenendo conto del tempo della lavorazione del prodotto, del lavoro che ci sta dietro e del fatto che ci accompagnerà a lungo perché utile e funzionale.

Dalle vendite porta a porta agli acquisti in chiave esperienziale

Insomma, qualità, esclusività e sostenibilità sono i fattori che vale la pena considerare al momento di decidere il prossimo acquisto. Questo potrebbe spiegare anche la fortuna delle vendite dirette porta a porta, che anche in tempi di pandemia sono andate a gonfie vele. L’appuntamento con il venditore non necessariamente è finalizzato all’acquisto immediato, è altamente personalizzabile e ha un valore di contatto umano prezioso. Ma lo slow shopping è anche parente dell’evoluzione degli acquisti in chiave esperienziale: vedere come l’agente porta a porta sta rinnovando il materasso nella dimostrazione di pulizia a fondo, o come nel party plan (vendita per riunioni) si realizzi una cena gourmet con un robot da cucina, sono appunto esperienze.

Anche una rete di aiuto per clienti disabili o anziani

In Gran Bretagna slow shopping è anche un movimento che “si rivolge a chiunque abbia bisogno di più tempo per pensare durante gli acquisti”. In pratica, si tratta di un servizio per accompagnare clienti disabili, anziani o persone che potrebbero non essere abili nella lettura. Lo ha fondato Katherine Vero, dopo aver visto cosa accadeva alla sua mamma anziana mentre faceva acquisti: dimenticava il pin della carta di credito o non ricordava bene cosa le serviva. Da lì l’idea di una rete di aiuto, perché gli acquisti non divengano un’esperienza problematica.

Consulenze a domicilio o videoconsulenze?

Shopping lento significa anche che i clienti devono godersi l’esperienza prima di acquistare qualsiasi prodotto, specie se costa un bel po’ ed è destinato a durare per anni. Un’idea anche di alcuni marchi di abbigliamento, come Lanieri, ad esempio, che realizza abiti su misura da uomo con videoconsulenze: si prenota un appuntamento virtuale in compagnia di uno style advisor, si scoprono i prodotti e si crea il capo su misura che poi viene recapitato a casa. Offre invece servizio a domicilio nelle principali città d’Europa, riferisce Ansa, la sartoria veronese DeLuca, mentre Suitable a Milano oltre a tessuti pregiati utilizza lo scanner 3d per costruire il fit perfetto. Sono poi consulenze a domicilio quelle di arredatori e plant designer che progettano spazi verdi indoor e outdoor, mentre i wellness designer di Perdormire guidano online il live shopping.

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Imprevisti a livello mondiale, come devono cambiare i dirigenti aziendali

Dopo la pandemia, gli sconvolgimenti che hanno colpito il mondo, ancora una volta a livello globale. In questo scenario, con i venti di guerra che arrivano dall’Ucraina, le aziende non possono permettersi il lusso di stare a guardare. Già pesantemente colpite dagli effetti del Covid, le imprese devono vedere il tiro della loro business strategy. In questo contesto socio-politico complicato, i dirigenti aziendali si trovano a dover affrontare nuovi inattesi ostacoli e rischi alla crescita delle proprie imprese, in molti casi ridisegnando la propria strategia aziendale e puntando decisamente su alcuni fattori. In particolare sostenibilità, fusioni e acquisizioni sono ritenuti centrali per accelerare le nuove strategie di crescita in ottica esg e aumentare il contenuto tecnologico delle aziende. Sono alcune delle evidenze emersa dall’EY ceo outlook survey, uno studio realizzato su oltre 2.000 ceo di aziende (di cui 70 in Italia), di 46 Paesi e 13 diverse industries. La ricerca fornisce indicazioni sulle aspettative dei leader aziendali per la crescita futura e la creazione di valore a lungo termine, oltre a suggerire le principali tendenze e gli sviluppi che incideranno sulle strategie di business delle aziende italiane e internazionali.

Gli interventi adottati dai ceo

A seguito della pandemia e dei suoi pesanti strascichi, l’83% dei ceo italiani (79% di quelli internazionali) ha messo a terra piani operativi per modificare la supply chain. Mentre il 53% (55% dei ceo internazionali) sta rivedendo la strategia aziendale nel suo complesso. Nell’incerto e mutevole scenario attuale, la maggior parte degli amministratori delegati italiani (64%) indica gli investimenti in tecnologia come chiave per ottimizzare i costi, migliorare le relazioni con gli stakeholder e perseguire percorsi di sostenibilità. In tal senso, quasi la metà degli interpellati (48%) sostiene che diventare un esempio nella sostenibilità rappresenterà sempre di più un vantaggio a livello di competitività dell’azienda.

Fusioni e acquisizioni

Fusioni e acquisizioni (m&a) rimangono un’opzione strategica specie per rafforzare le strategie esg e di sostenibilità, ma con un’attenzione particolare ai mercati nazionali o locali. Nonostante i primi mesi del 2022 abbiano visto un rallentamento sia di volumi che di operazioni di m&a rispetto allo stesso periodo del 2021, il 74% delle aziende sta portando avanti acquisizioni o fusioni nel proprio mercato interno o regionale/locale. A livello di ceo italiani, il 44% si aspetta che le proprie aziende perseguano acquisizioni nei prossimi 12 mesi, un dato in netto aumento rispetto al 35% dell’inizio 2021. Alla domanda di identificare le principali tendenze nel mercato delle fusioni e acquisizioni nel 2022, i ceo hanno affermato che si aspettano un aumento delle acquisizioni cross-industry (63%) e un ruolo decisivo del private equity (62%).

La sostenibilità come driver

Principale attenzione e risorse oggi sembrano essere dirette verso il business già in atto (indicato dal 25% dei ceo italiani) per accelerare la crescita e la creazione di valore. Per il 24% (20% dei ceo internazionali) invece è prioritario investire nella transizione digitale, per il 17% (13% delle aziende straniere) nella sostenibilità. Tra i principali driver della propria strategia di sostenibilità, il 24% degli imprenditori italiani indicano il fatto che diventare leader nella sostenibilità porti un vantaggio in termini di competitività e credibilità aziendale.

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Spreco alimentare: Genz Z è consapevole, ma vuole saperne di più

La Generazione Z sa che sprecare il cibo è sbagliato, e vorrebbe essere più informata su questo tema. Il 78% dei giovani è infatti consapevole delle conseguenze ambientali causate dallo spreco alimentare, ma l’84% di loro sostiene che avere più informazioni potrebbe aiutarli a sprecare meno cibo. È quanto emerge da un’indagine realizzata da Too Good To Go, l’app anti-spreco, condotta su un campione di più di 32 mila studenti tramite le stories Instagram sul profilo da 4 milioni di followers di ScuolaZoo. Il 27 marzo Too Good To Go festeggia il suo terzo anno di attività su territorio nazionale.  E per questa occasione, l’app anti spreco nata in Danimarca nel 2015, ha voluto approfondire le abitudini e i comportamenti della Generazione Z in materia di spreco alimentare, e capire quanto i consumatori del futuro siano consapevoli delle implicazioni ambientali causate dallo spreco di cibo.

Si spreca più di un terzo di tutto il cibo prodotto

Oggi più di un terzo di tutto il cibo prodotto viene sprecato, e questo è causa del 10% delle emissioni di gas serra in atmosfera.
Infatti, il centro di ricerca Project Drawdown ha individuato nel contrasto allo spreco alimentare la soluzione numero 1 per combattere il cambiamento climatico e mantenere l’aumento delle temperature al di sotto dei 2°C entro la fine del secolo, così da limitare i danni dei cambiamenti climatici su persone e ambiente. Nonostante la maggior parte dei giovani sia a conoscenza di questo problema, avere maggiori informazioni sul tema potrebbe aiutarli a sprecare meno cibo. Un dato rilevante, considerato che oltre la metà dei giovani ha dichiarato di non aver mai trattato il tema a scuola.

L’importanza di sensibilizzare i più giovani 

“Le nuove generazioni sono il nostro futuro ed è stimolante sapere che sono sempre più attente e sensibili a questi argomenti – commenta Eugenio Sapora, Country Manager Italia di Too Good To Go -. La collaborazione con ScuolaZoo e l’indagine social rivolta alla sua community ci ha permesso di capire ulteriormente quali siano le reali esigenze dei giovani rispetto a questa problematica. Il fatto che la maggior parte dei rispondenti sia consapevole di ciò che lo spreco di cibo comporta, ma che vorrebbe più informazioni e strumenti per poterlo contrastare efficacemente, ci dimostra quanto la nostra attività, non solo come app anti-spreco, ma anche come movimento di sensibilizzazione, sia importante”, aggiunge Spora.

Spesso il cibo è buono oltre la data di scadenza

Per operare a 360 gradi contro lo spreco alimentare, riporta Adnkronos., Too Good To Go ha lanciato progetti come il Patto contro lo Spreco Alimentare e l’iniziativa ‘Etichetta Consapevole’. Si tratta di un’aggiunta in etichetta dei prodotti con termine minimo di conservazione (Tmc) della specifica ‘Spesso buono oltre’, accompagnata da alcuni pittogrammi esplicativi (osserva, annusa, assaggia). L’iniziativa è nata per sensibilizzare i consumatori sulla differenza tra data di scadenza e Tmc, ora presente in Italia su più di 10 milioni di confezioni di prodotti.

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Terziario lombardo, il 2021 si chiude con incrementi a doppia cifra

Unioncamere Lombardia ha pubblicato i dati a consuntivo del 2021 per i Servizi e il Commercio al dettaglio, mettendo in evidenza come, anche per l’effetto dell’incremento dei prezzi, siano aumentati  il fatturato di servizi (+16,1%) e commercio al dettaglio (+10,5%). Tuttavia, in questo scenario positivo, le aspettative sono peggiorate. 

+21% per i servizi

Il terziario in Lombardia nel IV° trimestre 2021 registra una crescita del fatturato a due cifre rispetto allo stesso periodo del 2020: +21% per i servizi e +15,2% per il commercio al dettaglio. Il 2021 chiude quindi in maniera positiva, archiviando una variazione media annua rispettivamente del +16,1% e del +10,5% che consente di tornare in entrambi i settori sui livelli del 2020. Il recupero è però anche frutto della accelerazione dei prezzi di vendita, con incrementi congiunturali che nel quarto trimestre hanno raggiunto il +1,5% nei servizi e il +3,2% nel commercio, visto che le imprese hanno scaricato parte dei maggiori costi sui listini per rendere sostenibile la compressione dei margini di reddito. Tensioni sul fronte dei costi, preoccupazioni per le conseguenze sulla domanda dell’aumento dell’inflazione e gli effetti negativi sui consumi delle misure restrittive anti-Covid generano incertezza sulla prosecuzione della crescita a inizio 2022, come testimonia il peggioramento delle aspettative degli imprenditori.

Nei servizi le attività di alloggio e ristorazione registrano la crescita maggiore in media annua (+24,4%), ma il risultato risente dei livelli drammaticamente bassi del 2020: il divario rispetto ai valori pre-crisi è ancora consistente. Anche i servizi alla persona, nonostante la buona crescita (+12,9%) del 2021 non riescono a completare il recupero. Risulta invece positivo il confronto con i valori del 2019 per servizi alle imprese (+12,4% la media annua) e commercio all’ingrosso, dove la rilevante crescita del fatturato (+20,9%) è “gonfiata” dalle dinamiche particolarmente sostenute dei prezzi.
Nel commercio al dettaglio l’incremento del fatturato nel 2021 è legato soprattutto ai negozi non alimentari (+16,9%) con spazi di recupero residui rispetto ai valori pre-crisi; negativo invece il risultato per i negozi specializzati alimentari (-1,1%), caratterizzati da piccole dimensioni.

Ancora lontani dalla situazione pre crisi

“Il 2021 è stato complessivamente un anno positivo per il terziario lombardo, il settore maggiormente penalizzato dalla crisi del 2020 con recuperi a due cifre ma rispetto a un anno davvero drammatico – commenta Gian Domenico Auricchio, presidente di Unioncamere Lombardia – Il nuovo anno si apre all’insegna dell’incertezza, con incognite che rappresentano una sfida delicata per tutti, in particolare per la ripresa del comparto dell’accoglienza e del turismo dove siamo ancora lontani dalla situazione pre-crisi”.

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Italiani preoccupati per il caro bollette energetiche. Ma non solo

Nell’ultimo periodo stiamo assistendo a un rincaro generalizzato dei prezzi, ma a preoccupare maggiormente gli italiani è l’aumento delle bollette della luce. Secondo l’ultimo sondaggio condotto nell’ambito dell’Osservatorio Legacoop e realizzato da Ipsos, lo è il 93% dei nostri connazionali. Ma oltre alle bollette della luce, destano preoccupazione anche l’aumento delle bollette del gas, delle materie prime, dei beni di consumo, dei prodotti alimentari e l’inflazione in generale. Di conseguenza, gli italiani prevedono di ridurre i propri consumi, non soltanto di elettricità, gas e carburanti, ma anche di abbigliamento, scarpe, cosmetici e prodotti alimentari.
Circa un italiano su 2, inoltre, ipotizza scenari futuri negativi per la situazione economica e i livelli di risparmio della propria famiglia.

Rincari più forti per gas, energia elettrica, benzina e gasolio

A preoccupare gli italiani è però anche l’aumento dei prezzi delle materie prime (92%), delle bollette del gas (91%), dei beni di consumo (90%) e dei prodotti alimentari (88%). Inoltre, l’87% degli intervistati afferma di essere preoccupato per l’inflazione in generale. I settori e i prodotti dove gli italiani hanno riscontrato i maggiori rincari sono gas, energia elettrica, benzina e gasolio (96%), seguiti dai prodotti di genere alimentare, frutta e verdura (91%), pane e pasta (86%), carne (84%), pesce (82%) e formaggi (78%). A percepire maggiormente gli aumenti di prezzo è il ceto popolare, soprattutto per quanto riguarda i prodotti alimentari

Ridurre, tagliare o rinunciare ai consumi

La conseguenza diretta dei rincari è data dalla previsione di dover ridurre, o tagliare in modo consistente, fino alla rinuncia, i propri consumi. Una tendenza molto più diffusa tra i giovani (18-30 anni), i residenti nel Sud Italia e le classi sociali più basse.
Anche in questo caso, luce e gas si posizionano al primo posto della classifica, con il 79% degli intervistati che prevede di ridurne il consumo, di cui il 4% prevede la rinuncia a consumare. Dopo luce e gas, con il 71% di riduzioni complessive si posizionano l’abbigliamento (39% limitate, 23% consistenti, 9% la rinuncia), la benzina e il gasolio (per il 44% limitate, per il 23% consistenti, per il 4% la rinuncia). A seguire, le scarpe, con riduzioni dei consumi del 68%, i cosmetici con riduzioni del 67%, e la carne, con riduzioni del 61%. 

Uno scenario negativo per la situazione economica delle famiglie

Ma il tema dei rincari influenza anche le aspettative per il futuro. Il 53% degli intervistati, di cui il 79% nel ceto popolare, il 65% nel ceto medio-basso, il 57% tra gli over 50, prevede uno scenario negativo in merito alla situazione economica per la propria famiglia. E il 53% degli intervistati (77% nel ceto popolare, 65% nel ceto medio-basso, 59% tra gli over 50) esprime un giudizio analogo sotto il profilo della capacità di risparmio.

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Lombardia, momento positivo per il comparto dell’edilizia

Momento positivo per il comparto edilizia della Lombardia nel terzo trimestre 2021: a confermarlo ci sono i dati recentemente rilevati da Unioncamere Lombardia.  Nel periodo in esame, infatti, la crescita del volume d’affari per le imprese lombarde di edilizia e costruzioni è prossima al 4% trimestrale, con una variazione su base annua a due cifre (+16,9%). Questa elevata velocità di marcia si mantiene vicina ai due scorsi trimestri (che avevano sfiorato il +5%) e ha pochi precedenti nella serie storica. Con questo ulteriore aumento l’indice del volume d’affari di Unioncamere Lombardia supera quindi quota 105, un livello che non si vedeva da 12 anni a questa parte.

Il ruolo della crescita dei prezzi

Tra le ragioni che hanno portato a questo aumento crescente del volume d’affari c’è sicuramente il ruolo rivestito dall’accelerazione dei prezzi, che mettono a segno un incremento congiunturale del +5,7%. Il surriscaldamento dei listini è indice della necessità delle imprese di compensare i rincari registrati dagli input produttivi, ormai su livelli record e ben al di sopra della possibilità delle imprese di “trasferirli” a valle. Segnali incoraggianti giungono anche dal fronte occupazionale, dove si registra il terzo incremento congiunturale consecutivo del numero di addetti (+0,6%).

Quali sono le aspettative degli imprenditori?

Le aspettative degli imprenditori per il prossimo trimestre rimangono orientate in senso ampiamente positivo: per volume d’affari e occupazione i saldi tra previsioni di crescita e diminuzione si confermano su valori storicamente molto elevati, anche se in fase di stabilizzazione dopo la forte crescita dei trimestri passati.
“Si conferma una fase positiva ed espansiva per l’intero settore, legata a fattori di sostegno non contingenti che dovrebbero proseguire anche nei prossimi mesi – ha dichiarato il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio – È necessario sfruttare questa congiuntura per affrontare i problemi che si profilano già all’orizzonte, sia per i rincari e la stessa disponibilità di materie prime e materiali che per formare e preparare adeguatamente le nuove leve di manodopera”

Spinta sul green

Un altro aspetto che emerge dall’indagine trimestrale di Unioncamere Lombardia il tema della transizione ecologica. Infatti un quarto delle imprese edili del campione (26%) abbia già realizzato interventi green. La dimensione si conferma una variabile fondamentale: sopra i 50 addetti le imprese impegnate in interventi di sostenibilità ambientale sono più della metà. Le azioni principali in quest’ambito hanno riguardato l’acquisto di mezzi elettrici o ibridi (39%) e di macchinari più efficienti dal punto di vista energetico (35%), oltre all’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (31%) e all’isolamento termico degli edifici (24%). Spostando l’orizzonte temporale ai prossimi anni, la platea di imprese che intende investire in tecnologie green si allarga al 38%.

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Assegno unico familiare figli 2022: a chi spetta e come richiederlo

È arrivato l’assegno unico 2022 per le famiglie con figli. Dal 1° gennaio 2022 è possibile infatti fare domanda all’Inps per richiedere il beneficio economico mensile destinato ai nuclei familiari.
L’assegno riguarda tutte le categorie di lavoratori (dipendenti, autonomi, pensionati, disoccupati e inoccupati), decorre dal settimo mese di gravidanza ed è riconosciuto ai nuclei familiari per ogni figlio minorenne a carico. L’assegno però è anche riconosciuto a ciascun figlio maggiorenne a carico fino al compimento dei 21 anni di età se in presenza di alcune condizioni: che frequenti un corso di formazione scolastica o professionale, o svolga un’attività lavorativa con reddito complessivo inferiore a 8.000 euro, o sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro, o svolga il servizio civile universale.

Fino a 15.000 euro di Isee è pari a 175 euro per il primo e secondo figlio

Per circa la metà delle famiglie italiane (fino a 15.000 euro di Isee) è pari a 175 euro mensili per il primo e secondo figlio, e 260 dal terzo in poi. Sono previste maggiorazioni per ciascun figlio minorenne con disabilità, per ciascun figlio maggiorenne con disabilità fino al ventunesimo anno di età, per le madri di età inferiore a 21 anni, per i nuclei familiari con quattro o più figli, e per i nuclei con secondo percettore di reddito. L’assegno è riconosciuto senza limiti di età per ciascun figlio con disabilità. Per i figli disabili tra 18 e 21 anni, la maggiorazione prevista è stata incrementata da 50 euro mensili a 80.

La domanda si può compilare online

Il beneficio ha durata annuale, da marzo a febbraio dell’anno successivo, e può essere chiesto a partire dal 1° gennaio compilando online la domanda sul sito dell’Inps mediante credenziali Spid, carta di identità elettronica, carta dei servizi, o recandosi presso un istituto di patronato o contattando il contact center Inps. Per tutte le domande presentate entro il 30 giugno è previsto il riconoscimento delle mensilità arretrate spettanti a decorrere da marzo, primo mese di erogazione della prestazione.

Come richiedere l’Isee

Per le famiglie che al momento della domanda sono in possesso di Isee in corso di validità, l’assegno verrà corrisposto con importi maggiorati e calcolati in base alla fascia di Isee. Le medesime maggiorazioni saranno comunque riconosciute, con decorrenza retroattiva, anche a coloro che al momento della domanda non siano in possesso dell’indicatore, ma che lo presentino entro il 30 giugno. Si potrà accedere al beneficio, in misura minima, anche in assenza di Isee o con Isee superiore a 40.000 euro. L’Inps ricorda che si può presentare l’Isee presso gli intermediari abilitati a prestare l’assistenza fiscale (Caf), oppure online sul sito internet dell’Inps in modalità ordinaria o precompilata. In tal caso, l’Isee è reso normalmente disponibile entro poche ore dalla richiesta.

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Bollette luce e gas, il mercato libero conviene?

Sappiamo tutti che la fine del mercato tutelato è stata rinviata al 2024, ma chi ha scelto già dal 2021 un fornitore del mercato libero potrebbe aver compiuto una mossa vantaggiosa. Lo afferma una recentissima indagine condotta da Facile.it, che ha messo a confronto i costi che deve affrontare una famiglia italiano tipo nei due casi. 

Fino a 515 euro di risparmio

I risultati sono sorprendenti: chi nel 2021 ha selezionato con attenzione un fornitore luce e gas nel mercato libero ha risparmiato fino a 515 euro, vale a dire il 29% rispetto a chi era sotto regime di tutela.
“Il 2021 è stato un anno estremamente negativo dal puto di vista dei costi energetici” ha detto Silvia Rossi, Bu Director Gas & Power di Facile.it “e sappiamo già che nella prima parte del 2022 le tariffe saranno alte, forse addirittura superiori a quelle attuali. Valutare di passare al mercato libero potrebbe essere una strategia per ridurre almeno in parte il peso della bolletta, soprattutto se si sceglie una tariffa bloccata mettendosi così al riparo da ulteriori aumenti. Per evitare brutte sorprese, però, è fondamentale scegliere con attenzione il fornitore e optare, fra le società che operano nel mercato libero, quelle che offrono un prezzo più conveniente rispetto al tutelato”.

I conti in tasca agli italiani

Per il calcolo delle stime e dei possibili risparmi a seconda del regime scelto, l’indagine ha preso in considerazione una famiglia con consumo di gas naturale pari a 1.400 smc residente a Milano e, per l’energia elettrica, consumo pari a 2.700 kWh con una potenza impegnata di 3 kW. guardando alle migliori offerte del mercato libero disponibili online a gennaio 2021, una famiglia che ha scelto a inizio anno una tariffa con prezzo bloccato per 12 mesi ha speso, tra luce e gas, 1.256 euro, vale a dire il 29% in meno rispetto ad una famiglia servita nel mercato tutelato (1.771 euro). Nello specifico, la bolletta dell’energia elettrica per la famiglia nel mercato libero è stata di 465 euro, vale a dire il 26% in meno rispetto a quella nel tutelato (631 euro). Per quanto riguarda la bolletta del gas nel mercato libero, invece, la spesa è stata di 791 euro, il 31% in meno rispetto a quella del regime di tutela (1.140 euro). Insomma, fare bene i conti – e nel caso individuare il fornitore più adatto alle proprie esigenze – potrebbe rendere le bollette molto più leggere.

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Irpef 2022, tra bonus e sconti quanti soldi in più restano in busta paga?

Con la riforma fiscale dell’Irpef varata dal Governo Draghi, quanti soldi risparmieranno gli italiani in tasse dal 2022, o il peso che verrà tolto da una parte sarà caricato da un’altra? Come ricorda laleggepertutti.it la riforma fiscale prevede quattro aliquote anziché cinque, e garantisce una detrazione di base da 3.100 euro contro gli attuali 1.880 euro. Si alza quindi sopra gli 8.000 euro la soglia della ‘no tax area’: significa quindi che aumenta il numero dei contribuenti più poveri esenti dal pagamento dell’Irpef, e tale limite viene portato a 8.500 euro per i pensionati.

Il bonus continuerà a essere versato a chi ha un reddito inferiore a 15.000 euro

Il nuovo sistema di detrazioni fiscali previsto dal 2022 si ‘mangerà’ però il bonus Renzi da 80 euro, portato dal secondo Governo Conte a 100 euro. In pratica, non si troverà più in busta paga il contributo in soldi, ma i lavoratori ne beneficeranno sotto forma di detrazione fiscale. Non tutti, però. Il bonus ‘in moneta’ continuerà a essere versato a chi ha un reddito inferiore a 15.000 euro, poiché un’Irpef troppo bassa non consentirebbe di utilizzare la detrazione. Ma come si traduce nella pratica tutto questo impianto teorico di bonus e di sconti?

Tra 12mila e 15mila euro il peso Irpef sarà quasi impercettibile

Il ministero dell’Economia prova a spiegare in una tabella che riporta il reale peso dell’Irpef sul reddito imponibile, e che si può sintetizzare in questo modo: chi guadagna tra 12mila e 15mila euro l’anno avrà un peso Irpef quasi impercettibile, circa il 2%. Da 15mila a 20mila euro, il peso Irpef sarà il 9,6%, da 20mila a 26mila euro, il 13%, da 26mila a 29mila euro, il 17,4%, da 29mila a 35mila euro, il 19,9%, da 35mila a 40mila euro, il 22,5%, da 40mila a 50mila euro, il 25%, da 50mila a 55mila euro, il 27,1%, da 55mila a 60mila euro, il 28,2%, e così via, fino ai redditi più alti.

L’aumento del ‘peso’ accelera nella fascia centrale dei redditi

Quelli, ad esempio, tra 90mila e 100mila euro avranno un peso reale dell’Irpef di quasi il 33%, e superano il 40% i redditi che appartengono ai contribuenti più ricchi, con redditi sopra i 300mila euro.
Questa tabella dice che l’aumento del peso dell’Irpef accelera proprio nella fascia centrale dei redditi, quella cioè a cui appartiene la maggior parte dei lavoratori dipendenti. Secondo i ‘calcoli frenetici’ di questi giorni, il risparmio ‘in soldoni’ che si troverà in busta paga sarà questo: fino a 15mila euro sarà di 61 euro, da 15mila a 28mila euro, 150 euro, da 28mila a 50mila euro, 417 euro, da 50mila a 55mila euro, 692 euro, da 55mila a 75mila euro, 468 euro, e oltre 75mila euro, 247 euro.

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Il mercato del lavoro si rimette in moto

Buone notizie per l’economia del Paese e ancora di più per chi è alla ricerca di un’occupazione: il mercato del lavoro in Italia si è rimosso in moto. Nel periodo che va dal primo gennaio 2021 alla fine di ottobre sono stati creati oltre 603.000 posti di lavoro, a fronte dei 105.000 del 2020 e dei 411.000 del 2019. A testimoniarlo sono i dati della sesta Nota congiunta Banca d’Italia-ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. 

Il fenomeno delle dimissioni volontarie

A questa crescita è quindi da attribuire, come rileva la nota, l’incremento del numero di dimissioni volontarie: il mercato si riaccende dopo le difficoltà legate all’emergenza sanitaria e, di conseguenza, le persone danno le dimissioni per passare a un’altra occupazione, sia perchè si trovano condizioni migliori sia perchè percepite men rischiose sotto il profilo sanitario. Nel corso del 2021 – spiegano la Banca d’Italia e il ministero del Lavoro – le dimissioni sono gradualmente aumentate superando, nella seconda metà dell’anno, i livelli registrati nel 2020. Nei primi 10 mesi del 2021 sono state rilevate 777.000 cessazioni volontarie di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, 40.000 in più rispetto a due anni prima. Il 90 per cento dell’incremento complessivo osservato è ascrivibile all’industria (36.000 dimissioni in più); nei servizi la crescita delle dimissioni, più contenuta, si è fortemente indebolita dalla fine dell’estate. L’eterogeneità settoriale si riflette anche in quella geografica: nel 2021 le separazioni volontarie sono aumentate nel Centro Nord; nel Mezzogiorno invece sono rimaste stazionarie. D’altro canto, e anche questo è un dato positivo, il numero di licenziamenti rimane a livelli bassi anche a settembre e ottobre. Nei settori interessati dallo sblocco del 31 ottobre, nei primi 15 giorni di novembre il tasso di licenziamento è rimasto sostanzialmente in linea con quello osservato prima della pandemia.

Crescono i contratti a termine

Per quanto riguarda l’occupazione, sono ancora i contratti a termine a sostenere, negli ultimi 10 mesi, la creazione di posti di lavoro. Nei mesi autunnali “sono tuttavia cresciute lievemente anche le assunzioni a tempo indeterminato, tornate a ottobre sui livelli pre-pandemici”. La dinamica delle posizioni a tempo indeterminato ha sostenuto “la mobilità complessiva del mercato del lavoro, incentivando i passaggi da un impiego permanente a un altro. A questo fenomeno è ascrivibile buona parte della crescita delle dimissioni volontarie di lavoratori a tempo indeterminato osservate dalla primavera”.

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